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lunedì 2 aprile 2012

Tg regionale Emilia Romagna




Vi scriviamo per esporre l’odissea che la nostra famiglia sta vivendo da ormai tre anni a Forlì, nella speranza che questa storia e altre storie simili non restino nell'ombra... Siamo i genitori di un bimbo di cinque anni affetto dalla nascita da Sindrome di West, una rara malattia neurologica che comporta anche un ritardo psicomotorio, a cui tre anni fa si è aggiunta la diagnosi di Disturbo pervasivo dello sviluppo, poi sfociato chiaramente in Autismo infantile (2010). La diagnosi di Autismo è stata confermata da ben 4 relazioni di vari specialisti di strutture  pubbliche (Ospedale S. Orsola e Maggiore di Bologna, Istituto Stella Maris di Pisa), due dei quali sono centri specializzati. Tuttavia, l'Unità di neuropsichiatria infantile di Forlì, che dovrebbe occuparsi della riabilitazione del bambino, fa una diagnosi diversa di ritardo mentale, escludendo in maniera categorica l'Autismo e negando l'evidenza della patologia. Questo naturalmente preclude a nostro figlio la possibilità di essere riabilitato dalla Ausl con le terapie appropriate, addirittura c'è un progetto regionale (il PRIA) dedicato alle persone autistiche, per cui sono stati stanziati milioni di euro…Per contro, noi ci siamo dovuti fare carico delle costose spese che comporta la riabilitazione privata, proprio perché il nostro bambino non è mai stato inserito nel progetto! Dal canto suo l'UNPI di Forlì non ha voluto ammettere di aver sbagliato diagnosi e il 17/11/2011 ha fatto di sua iniziativa una nuova diagnosi di “Sindrome da alterazione globale dello sviluppo psicologico non altrimenti specificata" ( F84.9 secondo l’ICD 10), che però non corrisponde all'Autismo infantile ( F84.0)! Allora ci chiediamo come è possibile che ancora oggi, con 4 diagnosi concordi sull'Autismo, l'UNPI di Forlì non voglia ancora riconoscere questa patologia da cui, purtroppo, nostro figlio è affetto… Eppure tutti gli specialisti in questo campo parlano di diagnosi precoce, di riabilitazione mirata e tempestiva, di un intervento multidisciplinare da parte di équipe appositamente formate, sostegno alle famiglie ecc. tutte indicazioni di trattamento universalmente riconosciute dalla comunità scientifica internazionale che, nel nostro caso, sono state ignorate, anzi questa brutta faccenda sta avendo delle notevoli ripercussioni sulla qualità della vita di tutta la nostra famiglia, e in modo particolare sulla salute di nostro figlio e sulle sue reali possibilità di recupero. Occorrerebbe diffondere la consapevolezza, in primis negli operatori sanitari e non direttamente coinvolti, che l'Autismo è un problema serio che riguarda l'intero ciclo della vita dei soggetti colpiti e delle loro famiglie, e che queste ultime possono fare ben poco se non opportunamente sostenute e guidate in questo faticoso percorso di rinascita, mi verrebbe da dire, visto che per questi bambini il mondo esterno a loro è totalmente sconosciuto, ne ignorano completamente il funzionamento, è come se lo vedessero, ogni giorno, per la prima volta, e noi insieme a loro, sempre. Questa è la nostra storia, speriamo che riusciate a dare voce a nostro figlio, al suo Diritto alla Salute e ad un futuro migliore. Riassumendo, all’Istituto Stella Maris di Pisa e in due ospedali di Bologna nostro figlio è uscito con una diagnosi ben precisa di Autismo infantile, secondo i codici internazionali ICD-10: F84.0, quindi per capirci meglio, Bologna e Pisa hanno fatto diagnosi che concordano tra loro, mentre l’UNPI di Forlì in tre anni ci ha fatto impazzire rigettando le diagnosi che di volta in volta gli presentavamo, precludendo in questo modo a nostro figlio la possibilità di essere inserito nel PRIA!  D'altronde, a Forlì si occupano di Autismo da pochissimo tempo, mentre a Bologna e a Pisa da tantissimi anni operano due centri specializzati di riferimento per l’Autismo e i Disturbi generalizzati dello sviluppo psicologico dell’infanzia e dell’adolescenza. I progetti su tematiche così delicate della salute non si dovrebbero fare solo per dare una certa immagine alle aziende o alle città, ma per offrire risposte concrete alle necessità del malato, garantendo innanzitutto il diritto alla salute, che è un diritto umano, inviolabile e inalienabile. Ricordiamoci che il codice deontologico recita Art.3 Doveri del medico: la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo dalla sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana.........Art.7 Limiti dell'attività professionale: in nessun caso il medico deve abusare del suo status professionale Art.16 Accanimento diagnostico-terapeutico: il medico deve astenersi dall'ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. (Famiglia Oggianu)

1 commento:

  1. Ma che razza di risposta e che la ausl di forlì non ha i soldi per curare adeguatamente questi bimbi/adulti?! La regione Emilia Romagna ha stanziato milioni di euro per questo specifico progetto ,allora la ausl di Forlì che ci fa con questi soldi? in ogni caso e loro responsabilità garantire l’assistenza e le cure adeguate a questa particolare categoria di malati. Quindi se la ausl di Forlì non è in grado di farlo che deleghi questo compito ad un'altra ausl più competente ho stipuli delle convenzioni con i privati. Nel caso specifico di questo bimbo c’è stato anche un errore di diagnosi perpetrato per tre anni …!e proprio vero che i diritti come quello alla salute, sono tali solo sulla carta, perché poi se vuoi che ti vengano riconosciuti devi batterti tanto……!

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